La Nebbia e lo Specchio: Quando l’Ispirazione Supera il Confine
C’è una linea sottile tra ispirazione e imitazione, una linea che, ultimamente, sembra essersi confusa come le nebbie che inseguo così spesso con il mio obiettivo.
A livello locale, sono conosciuta (con un pizzico di affetto, spero) come la "Donna della Nebbia". È un titolo che mi fa sorridere, perché la nebbia per me è sempre stata più di una semplice condizione atmosferica. È un’atmosfera, una metafora, un linguaggio a sé, e per anni ho costruito la mia fotografia intorno a quel velo fugace di mistero. Ogni alba, ogni attesa paziente perché la foschia si alzi o si posi, ha plasmato ciò che molti riconoscono come il mio stile.
The Mist and the Mirror: When Inspiration Crosses the Line
There’s a fine line between inspiration and imitation, one that, lately, has begun to blur like the mists I so often chase through my lens.
Locally, I’ve come to be known (somewhat affectionately, I hope) as the Queen of Mist. It’s a title that makes me smile, because mist has always been more than just an atmospheric condition to me. It’s a mood, a metaphor, a language all its own, and for years, I’ve built my photography around that fleeting veil of mystery. Every dawn shoot, every patient wait for the fog to rise or roll, has shaped what people recognise as my style.
Negli ultimi tempi, però, ho iniziato a sentire crescere una certa frustrazione silenziosa. Non è invidia, tutt’altro e credo profondamente che l’arte debba ispirare, e che ciascuno di noi costruisca sulla visione degli altri. Ma ciò che mi turba è la mancanza di sincerità: vedere il mio approccio, il mio tono, la mia impronta riflessi nelle opere di altri che ora affermano di “lavorare così da anni.”
Non si tratta di possedere la nebbia o l’atmosfera, nessuno può possedere il paesaggio o il tempo. Ma la sincerità conta. L’integrità creativa conta. Quando il tuo modo unico di vedere il mondo diventa improvvisamente una tendenza, e chi un tempo lo ignorava ora lo riproduce senza riconoscerlo, fa un po’ male. Non perché stiano creando qualcosa di simile, ma perché non riescono ad ammettere da dove sia nata davvero l’ispirazione.
Lately, though, I’ve felt a quiet frustration growing. It’s not jealousy, far from it. I believe art should inspire, and that we all build upon each other’s visions. But what unsettles me is the underhandedness , seeing my approach, my tone, my signature look reflected in the work of others who now claim they’ve “been doing this for years.”
It’s not about ownership of mist or mood, no one owns the landscape or the weather. But honesty still matters. Creative integrity matters. When your unique way of seeing the world suddenly becomes a trend, and those who once dismissed it now mirror it without acknowledgment, it stings a little. Not because they’re creating something similar, but because they can’t bring themselves to admit where the inspiration began.
Una domanda: Perché così tanti fotografi fanno fatica ad ammettere di essersi ispirati ad altri, o di aver ripreso lo stile o l’idea di uno scatto altrui?
È anche difficile comprendere perché, nel nostro mondo della fotografia, sembri esserci così poca onestà, sia riguardo all’uso dell’intelligenza artificiale per creare un’intera immagine, sia riguardo all’aiuto ricevuto da altri. Ho passato molto tempo ad aiutare colleghi: consigliando nella composizione di uno scatto, condividendo tecniche, o offrendo supporto nella post-produzione. Eppure, troppo spesso, quel contributo scompare in silenzio, come se ammetterlo potesse in qualche modo sminuire il risultato finale.
And a question I ask: why do so many photographers struggle to admit they’ve taken inspiration from others, or borrowed the style or idea behind someone else’s shot?
It’s also hard to understand why, in our world of photography, there seems to be so little honesty, whether it’s about the use of AI to create an entire image, or about the quiet help that goes unmentioned. I’ve spent time guiding others: helping compose a shot, sharing techniques, even lending a hand in post-processing. Yet too often, that support is quietly erased, as though admitting it would somehow lessen the final image.
Finalista nel concorso della rivista di fotografia paesaggistica LANDSCAPE PHOTOGRAPHY MAGAZINE
Edizione 158
2025
"Ogni fotografia che realizzo riflette una parte di chi sono. Attraverso la pratica della slow photography, mi prendo il tempo necessario per entrare in connessione con il luogo prima di scattare. È un processo di osservazione, pazienza e presenza".
(Adriana Benetti Longhini 2025)
Non scrivo queste parole per accusare nessuno o per sentirmi superiore. Le scrivo come promemoria: l’ispirazione, e la generosità che la accompagna, sono cose da onorare, non da nascondere. Tutti cominciamo da qualche parte, e non c’è nulla di male nel dire: “Mi sono ispirato” o “Ho ricevuto un aiuto.” In realtà, è proprio questo che rende il nostro lavoro più umano.
Quanto a me, continuerò a camminare nella nebbia, la macchina fotografica in mano, fiduciosa che l’autenticità troverà sempre la sua strada, anche quando il paesaggio diventa un po’ affollato.
I don’t write this to point fingers or to claim superiority. I write it as a reminder that influence, and the generosity that fuels it, is something to be honoured, not hidden. We all start somewhere, and there’s no shame in saying, “I was inspired,” or “I was helped.” In truth, it only makes the work more human.
As for me, I’ll continue to walk into the mist, camera in hand, trusting that authenticity always finds its way through, even when the landscape gets a little crowded.
Qui sotto alcune delle mie foto preferite di 2025
dove sto meglio...tra la nebbia.
Alla prossima, grazie di aver letto il mio blog!
Until the next one, thank you for reading my blog!
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